martedì 3 luglio 2018

Nova et aucta orbis terrae descriptio... (Gerardo Mercatore, 1569)

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L'uomo che cambiò il nostro modo di vedere il mondo, di quel mondo in realtà vide una porzione irrisoria: Gerhard Kremer nacque a Rupelmonde, nelle Fiandre, e trascorse la sua vita in un fazzoletto di terra tra Lovanio, Anversa e Duisburg. Ricevette una formazione umanistica e latinizzò il proprio nome in Gerardo Mercatore ma, visto che difficilmente la filosofia gli avrebbe dato di che vivere, la accantonò per studiare matematica e astronomia; alla speculazione preferì attività più remunerative come le incisioni su rame, di cui divenne maestro, la costruzione di globi e la cartografia. Ma se gli aveste chiesto della sua vera vocazione, vi avrebbe detto senz'altro che era la cosmografia, ossia lo studio «della disposizione, delle dimensioni e dell'organizzazione dell'intera macchina del mondo». Compito ambizioso, che affidò a due grandi opere sistematiche: la Chronologia (1569), che confrontava il racconto delle Scritture con fonti babilonesi, ebraiche, egizie, greche e romane nel tentativo di fornire un quadro armonico e coerente della storia antica; e l'Atlas sive cosmographicae meditationes de fabrica mundi et fabricati figura (pubblicato postumo nel 1594), primo atlante moderno a portare questo nome, che spodestò dopo oltre un millennio la Geografia di Tolomeo e determinò l'impostazione e l'ordine della maggior parte degli atlanti dei secoli successivi. Senza mai allontanarsi più di duecento chilometri dal paese natale, Mercatore tentò di dominare lo spazio e il tempo mediante la cosmografia, «la luce di tutta la storia, sia ecclesiastica che politica… chi la guarda, senza far nient'altro apprenderà da essa più di quanto non apprenda il viaggiatore dalle sue lunghe, faticose e costose peripezie (che “spesso muta cieli ma non la sua mente”)». Per permettere al suo sguardo di abbracciare l'universo il cosmografo deve innalzarsi, fino quasi a raggiungere il punto di vista di Dio (nell'idea c'è qualcosa di blasfemo, ma non sappiamo se sia legata ai motivi per cui Mercatore venne imprigionato nel 1544 con l'accusa – dalla quale fu poi prosciolto – di professare l'eresia luterana).
La cronologia passò pressoché inosservata, l'atlante vendette bene ma fu presto superato dalle pubblicazioni del secolo successivo (com'era inevitabile, giacché gli europei spostavano sempre più in là i limiti del loro mondo, aggiornandone continuamente la rappresentazione); a segnare un'autentica pietra miliare nella storia della cartografia fu invece la sua Nova et aucta orbis terrae descriptio ad usum navigantium emendate accommodata (1569). Dalla fine del XV secolo, con l'esplorazione dell'Oceano Indiano e la scoperta dell'America, il mondo era diventato improvvisamente molto più vasto di quello di Tolomeo, e di conseguenza più difficile da rappresentare. Nei primi anni della sua attività di geografo Mercatore aveva realizzato dei globi, aggirando il problema del passaggio dalla superficie sferica della Terra a quella piana del foglio di carta: questo passaggio richiedeva un'elaborazione geometrica, una proiezione. Già Tolomeo ne aveva ideata una, ma aveva rappresentato solo una porzione relativamente piccola dell'emisfero boreale; per di più i dati erano così approssimativi che le sue carte non erano di alcuna utilità per i navigatori. Questi ultimi si orientavano con i portolani, carte nautiche in cui le rotte da un porto all'altro erano rappresentate da intricati reticoli di linee rette, corrispondenti a quelle che nel mondo tridimensionale sono linee curve chiamate lossodromie. Finché si trattava di navigare nel Mediterraneo, lo scarto fra la realtà e la sua rappresentazione bidimensionale era minimo; ma se si tentava di tracciare le lossodromie sulle vaste distanze oceaniche, la distorsione mandava le navi fuori rotta. Si poneva dunque il problema di disegnare carte con linee lossodromiche rette che tenessero conto della curvatura della Terra, e la soluzione di Mercatore fu geniale nella sua semplicità: adottò una proiezione cilindrica, rettificando i meridiani e i paralleli, e ottenne una proiezione conforme o isogonica (che cioè conservava le relazioni angolari fra tutti i punti della carta) anche se non equivalente (le dimensioni dei continenti risultavano sempre più dilatate man mano che ci si allontanava dall'equatore, e i poli erano irrappresentabili dal momento che nella realtà i meridiani sono convergenti, mentre nella carta sono paralleli). L'inestimabile vantaggio della conformità era la possibilità di tracciare una linea retta sulla superficie della carta e, mantenendo un angolo azimutale costante, arrivare esattamente a destinazione; se è vero che le grandezze erano falsate, è anche vero che nell'epoca della navigazione a vela conoscere la direzione esatta tra due punti era molto più importante che visualizzarne correttamente la distanza (anche perché i tempi della traversata oceanica erano determinati da svariati fattori contingenti).