sabato 29 dicembre 2018

Il mondo di 1984



1984 non è soltanto uno dei grandi classici del Novecento: è l'archetipo del romanzo distopico, a cui tanta letteratura e tanto cinema successivi sono debitori. La fantascienza può invecchiare bene, ma solitamente invecchia. Dato che si avventura a descrivere il futuro, le sue invenzioni (brillanti o ingenue che siano) finiscono per essere superate. Ma la grande fantascienza, invece di invecchiare, si trasforma in ucronia: oggi il mondo immaginato da Orwell ci appare come una storia alternativa tutt'altro che improbabile. Meglio ancora: quel mondo ci sembra così cupo e inquietante non perché semplicemente distante dal nostro, ma perché in un certo senso rappresenta l'esito più coerente della storia del secolo scorso. Delle argomentazioni del funzionario del Partito non ci sorprende la follia o il cinismo, ma la logica spietata: se l'umanità degli anni Quaranta avesse voluto portare alcuni principi fino alle estreme conseguenze, il risultato sarebbe stato quello immaginato da Orwell (e se non è andata così, questo dipende in parte dal puro caso e in parte dal fatto che non sempre l'uomo, pur ammettendo certi principi, è disposto ad accettarne anche le necessarie implicazioni logiche).
Nel mondo di 1984, alla seconda guerra mondiale è seguita una nuova fase di conflitti tra le superpotenze vincitrici, con l'impiego di bombe atomiche su vasta scala sulle grandi città industriali della Russia europea, dell'Europa occidentale e del Nord America (p. 202*). Non sappiamo come siano cambiate queste regioni, ma nel testo sono citate (oltre alla città di Londra dove vive Winston Smith, in una Gran Bretagna ribattezzata «Pista d'Atterraggio Uno») New York, Parigi e Berlino (p. 230).
Eurasia e Oceania sono nate con l'assorbimento dell'Europa continentale da parte dell'Unione Sovietica e dell'impero britannico da parte degli Stati Uniti, e dopo circa un decennio è nato il super-Stato dell'Estasia (corrispondente grosso modo alla Cina).
Le frontiere fra i tre super-Stati sono in alcuni luoghi arbitrarie, e in altri fluttuano in base alle vicende della guerra, ma in generale seguono i confini geografici. L'Eurasia comprende l'intera parte settentrionale delle masse continentali europea e asiatica, dal Portogallo allo stretto di Bering. L'Oceania comprende le Americhe, le isole atlantiche incluse le isole britanniche, l'Australasia e la porzione meridionale dell'Africa. L'Estasia, più piccola delle altre e con una frontiera occidentale meno definita, comprende la Cina e i paesi a sud di essa, le isole giapponesi e una vasta ma instabile porzione della Manciuria, della Mongolia e del Tibet (pp. 192-193).

Fra le frontiere dei super-Stati, e senza che alcuno di essi riesca a impadronirsene permanentemente, c'è un quadrilatero i cui angoli sono Tangeri, Brazzaville, Darwin e Hong Kong, contenente circa un quinto della popolazione mondiale. È per il possesso di queste regioni densamente popolate, e della regione artica, che le tre potenze stanno combattendo costantemente. […]
Si noti che i combattimenti non arrivano mai oltre i limiti delle regioni contese. Le frontiere dell'Eurasia si spostano avanti e indietro fra il bacino del Congo e la costa settentrionale del Mediterraneo; le isole dell'Oceano Indiano e del Pacifico vengono costantemente perse e rioccupate dall'Oceania o dall'Estasia; in Mongolia il confine tra Eurasia ed Estasia non è mai stabile; attorno al Polo tutte e tre le potenze rivendicano enormi territori che sono in realtà per lo più disabitati e inesplorati: ma l'equilibrio delle forze resta sempre grosso modo costante, e il territorio che forma il cuore di ciascun super-Stato rimane inviolato (pp. 195-196).


*Per le citazioni si fa riferimento all'edizione inglese Penguin del 2008.